Sarà una mostra piena di colori, caratterizzata dallo stile pittorico di uno dei maestri del Novecento: Silvio Loffredo. Il salone espositivo “Luigi Corsetti” delle scuderie medicee di Poggio a Caiano ospiterà dal 22 novembre al 7 gennaio un’esposizione dedicata a questo artista che fu amico di Ardengo Soffici e di un altro grande toscano del Novecento, Ottone Rosai. La mostra “Silvio Loffredo tra esperienze cosmopolite e nuove tendenze fiorentine” è curata da Marco Moretti e l’inaugurazione è in programma nel pomeriggio del 22 novembre (ore 17). Loffredo era nato a Parigi nel 1920 e morì nel 2013 in Liguria ma scelse Firenze come luogo del cuore e a Firenze fu a lungo titolare della cattedra di pittura all’Accademia di belle arti.
“Il Comune di Poggio a Caiano è onorato di ospitare la mostra dedicata a Silvio Loffredo, artista di straordinaria sensibilità, protagonista della scena culturale del Novecento che a Poggio a Caiano, durante un triennio d’insegnamento alla scuola media Filippo Mazzei, era entrato in fervida relazione con Ardengo Soffici”. Sono le parole dell’assessore alla cultura Diletta Bresci. Che aggiunge: “Le opere che si potranno ammirare a Poggio rappresentano non solo un prezioso contributo alla memoria storica e artistica del nostro Paese, ma anche una testimonianza viva di rinnovamento che Loffredo, latore d’influssi europei, condivise con pochi altri artisti nella Firenze ‘conservatrice’ del secondo dopoguerra.
Questa rassegna storica sulle avanguardie fiorentine del secondo ‘900 – termina Bresci - si inserisce in un più ampio percorso di valorizzazione culturale che il nostro Comune porta avanti con convinzione e continuità. Crediamo fermamente che la cultura e l’arte siano strumenti fondamentali per la crescita della comunità, per la costruzione dell’identità collettiva e per l’apertura verso il dialogo e la conoscenza”.
“Con la mostra che andremo ad inaugurare il 22 novembre il museo Soffici e del ‘900 italiano, corona dunque tanti e meritevoli studi con una vivace proposta espositiva”. Lo dice la direttrice del museo, Giovanna Uzzani. “Il legame di Loffredo con Poggio a Caiano appare tutt’altro che accidentale – racconta - Qui il giovane, appena ventiseienne, svolse infatti il ruolo di docente di discipline artistiche presso la scuola media Filippo Mazzei nel triennio 1956-1959. Il pregnante ricordo di un allievo di allora, che Marco Moretti riporta fedelmente nel catalogo, restituisce l’immagine di un professore innovativo, nondimeno carismatico, capace di proporre con efficacia ai suoi studenti l’osservazione e l’interpretazione del vero anziché il comune esercizio di copia dai maestri. Con questo approccio, il volto di un compagno di scuola, un utensile di casa, perfino un formicaio diveniva miracolosamente l’espediente per esplorazioni formali inedite, magari con un mazzo di matite colorate o con una qualche sgorbia che incideva una tavoletta di risulta.
La casa di Soffici – aggiunge la direttrice Uzzani - distava pochi minuti a piedi dalla scuola, e certo il giovane professore non poteva che desiderare l’incontro con quel gran maestro dell’arte italiana, paladino dell’osservazione dal vero, del quale più e più volte gli era stato testimoniato il valore. Dalla prima sua visita, le conversazioni poggesi fra i due, come racconta Moretti, iniziavano in italiano per poi perdersi in cadenze e motteggi francesi, nella fragranza dei ricordi che si affacciavano liberamente alla mente di entrambi. Tant’è che allo stesso Soffici venne il desiderio di ricambiare vistando lo studio di Loffredo, in piazza San Giovanni, a Firenze, in una visita estemporanea che non ebbe l’esito atteso, ma di cui serbò traccia un biglietto di saluto lasciato dal maestro alla porta del giovane”. Infine, il curatore scientifico del museo Soffici, Luigi Cavallo, si sofferma sul titolo della mostra, titolo scelto insieme a Moretti. “Siamo ancora lontani – dice - dall’essere riusciti a dare con una frase la sintesi esauriente di ciò che è stato il lavoro pittorico di Loffredo. È la complessità e mobilità del suo impulso creativo che, a parer nostro, rimane imprendibile: è un cuore in fibrillazione, una distonica raffigurazione di interessi e di entusiasmi che alimenta l’organismo di Silvio Loffredo”.